abbandono

Significa non resistere e non forzare. L’abbandono è sinonimo stesso di realizzazione, cioè essere quel che si è, dimorare nel Sé.

Questo significa che se avete una struttura che resiste tanto, soffrirete tanto. Si resiste molto quando abbiamo un cattivo giudizio di noi stessi: non valgo, non sono capace, ho commesso molto errori… Dato che la realizzazione è essere se stessi, se ce l’avete con voi la cosa si mette assai male. Dovete rivedere questo approccio, dovete considerare di volervi bene. Può essere necessario del mind clearing – dopo un procedimento un aspirante che di solito ce l’ha parecchio con se stesso concluse misericordioso: in fondo ero solo un bambino e ho fatto quel che meglio ho potuto – ma, indipendentemente dal mind clearing, dovreste realizzare che avercela con voi stessi è un anatema diretto contro Dio: Dio è stato battezzato col nome di ‘IO’…

Non sto suggerendo di adulare l’ego, ma di intendere che voi, come ESSERE-COSCIENZA, siete buoni e non c’è nulla che dobbiate fare o cambiare a quel livello.

Dovete anche smettere si pensare che siete stati sfortunati, che avete subito l’ingiustizia di avere esperienze dolorose. In questo modo voi state vedendo le cose come non sono veramente, e questo vi allontana dall’abbandono, e dalla realizzazione, e dalla pace…

Vi riporto un passo dai Satsanga di Francis Lucille:

Partecipante: — A volte le cose sono andate male e allora sembra che sia stata tradita la nostra innocenza.

Lucille: — Dobbiamo capire, e questo di solito avviene in retrospettiva, che è proprio questo tradimento dell’innocenza che ci ha condotto all’innocenza. Occorre vedere come ogni fatto che ci è accaduto nella vita è stato esattamente quello che doveva accadere in quel momento per farci proseguire sul cammino che ci ha portati alla verità, all’innocenza. Sono quelle circostanze che ci hanno dato la giusta spinta verso la verità, perché altrimenti saremmo rimasti inerti. Pensare che la nostra innocenza sia stata tradita tradisce il nostro modo di pensare. In verità si tratta solo dell’innocenza in movimento verso l’innocenza in stato di quiete.

Una volta fu chiesto a Jean Klein di un bambino morto all’età di quattro anni, egli rispose: “Come fai a sapere che quei quattro anni non furono esattamente il tempo necessario perché lui conoscesse la felicità assoluta?”.

Alcuni di noi considerano la morte come l’abominio fondamentale, ma sono solo i nostri condizionamenti a farcela vedere così. Dobbiamo capire che finché guardiamo il mondo in quanto esseri umani – in quanto individui separati – vedremo le cose secondo quell’ottica, ma appena lo guardiamo dal punto di vista della coscienza diventa tutt’altra cosa.