autoindagine

L’unica cosa che esiste è Puro Essere – ‘puro’ significa privo di qualità e di forma.

Questo Puro Essere si manifesta nella coscienza degli esseri senzienti più evoluti come la sensazione di ‘io’; se io faccio un appello e dico ‘Chi è Giovanni?’, Giovanni porta la mano al petto e dice ‘Io!’.

L’io, quando si identifica con un oggetto: il corpo fisico o un’identità della mente, subisce un’aberrazione ottica e appare come un io individuale, che noi chiamiamo ego, separato da tutto resto.

L’io è alla base di ogni esperienza. Se non vi fosse l’io, non vi sarebbero esperienze, il mondo non verrebbe percepito. Persino nel sonno profondo senza sogno, dove l’io nelle persone ordinario è inconscio, voi dito ‘Ho dormito profondamente’, il che è un’implicita ammissione che voi, l’essere, c’era anche durante l’incoscienza del sonno.

L’autoindagine riporta l’attenzione sull’io. Qualsiasi cosa l’aspirante percepisca: gioia, apatia, paura, rabbia ecc. si pone da domanda ‘Chi sta sperimentando questo?’. Questa domanda serve unicamente per invertire l’attenzione di 180° e riportarla sul soggetto percipiente anziché sull’oggetto percepito, invertendo così il processo di eoni in cui la coscienza, in mancanza di una consapevolezza di sé è rimasta ipnoticamente catturata/identificata con gli oggetti delle percezione.

Immaginate di essere lo spettatore di un film che per qualche ragione (droghe o altro) ha perso coscienza di sé. Voi guardate il film e vi identificate con uno dei personaggi che il gioco di luci colori e ombre crea virtualmente sullo schermo. Ecco che l’Eterno-Illimitato diventa finito-limitato. Allora l’autoindagine vi insegna a riportare l’attenzione sull’io che è insieme Puro Essere e Pura Consapevolezza (l’Essere l’unica realtà e la Consapevolezza la sua luce). Superata una fase iniziale in cui dovete riabituarvi a portare la consapevolezza sull’essere percipiente anziché sull’oggetto percepito, osservando l’io cosa scoprite? Che non è un io individuale separato, me che è il Puro Essere universale e che Quello siete voi, la vostra vera natura eterna, immutabile e imperitura.

Perciò l’autoindagine è sia la pratica che la realizzazione. Si chiama autoindagine quando c’è sforzo, è realizzazione quando non c’è sforzo ed è naturale. Quando il maestro vi dice ‘Dimore nell’io’, non vi sta dicendo altro che ‘Sii realizzato! Sii come sei quando sei realizzato!’. E quando diviene naturale, allora la percezione percepisce se stessa, la consapevolezza è consapevole di se stessa, l’attenzione è attenta a se stessa, l’essere è nell’essere… e c’è l’esperienza dell’autoconoscenza, che non è un’esperienza mentale, è come le cose sono, è lo stato naturale che viene chiamato sat-chit-anamda, essere-consapevolezza-beatitudine; beatitudine che viene quando riconoscete che Quello siete voi e vi fondete con Quello. Non più quindi osservatore e osservato ma solo Puro Essere e quello siete voi. Un nome che diamo spesso al Puro Essere è Sé, che non è altro che la parola ‘io’ nella versione impersonale.

Quando avete questa esperienza profondamente, il mondo il corpo le forme e tutto ciò che era altro sparisce: c’è solo autoconoscenza del Puro Essere.

Tuttavia quando riaprite gli occhi e ritorna la percezione, i vostri sensi continuano a percepire la molteplicità delle forme, ma nel vostro cuore non esistono, tutte sono soltanto il Puro Essere.

È l’esperienza dell’UNITÀ, non cogliete più nel vostro intimo differenza tra manifesto e immanifesto. Tutto è il Puro Essere-Consapevolezza, e Quello siete voi! E anche se per poter operare nella vita voi continuate esteriormente a discriminare questo da quello, sapete nel vostro cuore che la differenziazione è soltanto un’apparenza illusoria; le onde dell’oceano appaiono tante e diverse e voi come skipper le distinguete, ma nel vostro cuore sapete che esiste solo l’oceano.

L’autoindagine, cioè il processo di riportare l’attenzione sul Soggetto della percezione, sull’io percipiente, è l’unico processo realizzativo. Non sto dicendo che le altre autentiche vie sono incapaci di portare a compimento, ma se voi le studiate, vedrete che tutte nell’ultima fare sperimentano il processo in cui l’attenzione si riversa sul Soggetto stesso dell’esperienza il processo. Se mancano di quest’ultima fase, non sono vie realizzative.

Il miglior testo sacro l’autoindagine è ‘Sii ciò che sei. L’insegnamento di Sri Ramana Maharshi’ a cura di David Godman. Gli advaitini, chi pratica l’autoindagine, dovrebbero leggerlo e assimilarlo. È un testo sacro, perciò ha il potere della Trasmissione Diretta, cioè accelererà la vostra realizzazione e renderà la vostra pratica più profonda e spedita. Come tutti i testi sacri di grande valore andrebbe letto e riletto, perché man mano che la vostra maturità spirituale aumenta, sarete in grado di cogliere passaggi che prima vi erano sfuggiti e avere delle comprensioni profonde. È un testo realizzativo!

In particolare dovrebbero leggere i due capitoli, il 5 e il 6, che illustrano l’autoindagine sul piano del paradigma filosofico-teorico (i darshana – visioni – come vengono chiamati nell’induismo) che dal punto di vista della pratica.