perché abbandono è sinonimo di realizzazione

CIOÈ: COSA È EGO E COSA NON È EGO 

Stamattina ho parlato con una carissima figlia spirituale, una persona che amo molto per la sua profondità spirituale. 

Mi diceva di essere stanca e sfiduciata e soprattutto molto confusa. Le ho chiesto in cosa consisteva questa sua confusione, quali erano i due poli della confusione, e lei mi ha risposto: 

  1. Quando medito contatto il vuoto, e non c’è da dire più niente, ma non provo più la beatitudine che provavo prima [quando le sue esperienze erano più del tipo: ‘essere tutto’ ecc.]. 
  2. Ma quando sono fuori dalla meditazione non c’è nessun modo per me di integrare questa esperienza del vuoto nella vita quotidiana [lei sta attraversando un periodo parecchio difficile: separazione dal coniuge, problemi di lavoro, problemi economici, come gestire i figli ecc.]. Perciò a volte penso di aver sbagliato tutto, che la mediazione è una fuga, e mi sembra di essere tornata molto indietro, con tutti i problemi mentali che avevo una volta e che ormai si erano dileguati almeno in buona parte.

È una testimonianza da manuale, per questo la posto, e vorrei che la studiaste bene.

Andiamo per gradi: 

  1. Perché non prova più beatitudine? Se un’esperienza spirituale non è compresa e accettata, non produce frutti. Anzi potrebbe apparire terrifica e terrorizzare che l’ha ottenuta. 
  2. Il Vuoto è l’esperienza più profonda che si possa avere, è il nirvana. Si è talmente nell’Assoluto che neppure i concetti sattvici ce la fanno ad emergere, la mente non partorisce più niente. La beatitudine è massima, ma bisogna capire e accettare cosa si sta vivendo. 
  3. Tutti gli aspiranti, o quasi tutti, che sperimentano per la prima volta questo vuoto si pongono la fatidica domanda: “Ma come faccio a integrare questo vuoto nella vita quotidiana?”. E io faccio a voi la domanda: “È possibile secondo voi integrare questo vuoto nella vita quotidiana?”, “È possibile che la mente logica trovi una soluzione su come integrare il Vuoto, cioè la non-mente, nella vita quotidiana, cioè la mente”. 
  4. Rilassatevi, ve lo dico io: È IMPOSSIBILE!!!!! 
  5. Quello che dovrebbe avvenire a questo punto non è un’elaborazione mentale del vuoto, ma l’abbandono al Vuoto, cioè a Dio, cos’ì com’è, nella forma non-forma più pura.  
  6. Non avete nessun piolo mentale cui aggrapparvi: NESSUNO!! Solo l’amore per il Divino e tanto tanto abbandono. 
  7. Inoltre, non riuscendo ad abbandonarvi, si risvegliano tutte le problematiche mentali e vi sembrerà di essere tornati indietro anni luce. 
  8. L’abbandono al Vuoto per i più questo processo è graduale. Può essere più o meno lungo, può durare vite. È di grande aiuto essere vicini, in contatto, con chi l’ha già passato. Allora tutto si fa più semplice e naturale. 
  9. La soluzione è che vi abbandonate al Silenzio/Vuoto/Nulla e passate a lui la gestione della vita, di ciò che appare. Voi state in silenzio, in operativi, la gestione della vita non vi appartiene più: se appare gioia gioite, se appare dolore vi dolete, se appare vita vivete e se appare morte morite. Dopo un po’ non vi trovate più! O, se volete dirla in altri termini, non trovate più l’ego. E cosa siete allora? Voi siete questo Vuoto/Silenzio/Nulla sempiterno: Estrema Ineffabile Beatitudine! Nessun divorzio o mal di schiena può turbarla. 
  10. Nel nostro Sangha, l’unica che esprime mirabilmente questo stato è Roberta. L’ha fatto in numerosi post, ma non credo che ne abbiate valutati appieno la portata, l’insegnamento/aiuto che potevano darvi. Ora, forse, dopo quello che sto scrivendo, potete. Fabrizio a talmente integrato questa non-condizione che non riesce nemmeno più a parlarne, e si limita a postare delle sentenze; Marco si esprime poco e io finora mi sono occupato di m.c., dei primi passi. Ma la situazione, grazie a Dio, è maturate. Vi sono altri insegnanti del nostro sangha che possono sostenere i primi passi. Quelli che desso possono sostenere l’abbandono al Vuoto, cioè la Realizzazione sono: io, Fabri, Marco e Roberta; ma anche altri che sono profondamente dentro a questo passaggio a livelli diversi: Anna, Cristina, Sonia, Sandra… 
  11. Questi ultimi farebbero un gran servizio a loro stessi e al sangha se condividessero periodicamente quanto e quando sono riusciti a rimanere abbandonati al Vuoto e quanto e quando hanno riesumato l’ego perché andasse a dirigere la vita. 

Attendo i vostri report.

COMMENTI:

Roberta Gamba: — Il ricercatore fa spesso paragoni con il Buddha e altri santi immaginari su come possa essere una persona realizzata, solo la mente può fare queste assurde associazioni.
Inutile ripeterci che le persone con una facciata di pace e amore, a meno che non si trovino nel samadhi, hanno solo un’esperienza da cui torneranno giù.
I processi mentali e quelli emozionali tramite l’abbandono al vuoto, si sciolgono, questo può accadere gradualmente, oppure, in presenza di un Maestro, accade immediatamente, semplicemente
Le emozioni sono radicate nel corpo fisico e per scioglierle va fatto un percorso di completo distacco e osservazione, vanno viste, vissute e lasciate andare; ma non è un ego che fa questo, accade semplicemente se deve accadere.

Sergio: — Infatti accade proprio per l’abbandono, perché non c’è l’ego.

Roberta: — Il mondo aggancia continuamente il ricercatore riportandolo nell’illusione.
Per alcuni il risveglio è rapido e semplice, per altri è spesso necessario il distacco dal mondo [forse intende ritirarsi fisicamente – Sergio]. Ognuno di noi è unico, non c’è un metodo per tutti. La via, più che seguita va ‘sentita’.
La mente vede tutto complicato e drastico se c’è complicazione c’è mente.
La non mente fa agire direttamente in modo neutro senza creare onde pensiero
C’è il fare ma non c’è chi fa…
In passato ho avuto in alcune occasioni la scomparsa della mente (anche solo per una breve telefonata col Maestro); erano piccoli riconoscimenti, poi tutto ritornava ad accadere a quel ‘me’, bastava anche una piccola confusione della personalità …
Molti restano stupiti del mio percorso, ma per me che avevo un ego apparentemente Forte da estinguere, c’è stato il bisogno di un distacco forte dal mondo, ma per altri la via è stata meno scoscesa.
Amare il Guru più della famiglia stessa, il Guru è quella verità che risuona dentro ed è ‘sentita’… Può essere percepita come Maestro o come vita, che indica la strada all’anima persa nel buio del suo stesso mantello…
Ora per me è diverso, tutto sta diventando leggerezza, ridere del gioco e al massimo aiutare chi si sente una persona che soffre. Non ci sono persone che soffrono se non c’è identificazione…
Non esistono consigli per chi non esiste, l’ego non esiste sempre, non è un entità. L’ego è un senso di presenza dove ruotano attorno vari pensieri associati con ‘mio’ e ‘me’.
Ecco che tutto accade a questo ‘me’: — Non toccate mai ciò che è mio!! — dice l’ego, si fa presto a vederlo!
Sciolto questo ego, cosa può capitare al solo ESSERE? Chi può togliervi o aggiungervi qualcosa? Il vuoto non entra nel panico, semmai il contrario.
Tutto gli sfuma attraverso la sua osservazione che è un “Sentire” (non ci sono occhi aperti o chiusi in questa osservazione).
C’è solo esperienza della vita in un sentire/osservare simultanei alla Presenza che è Tutto.
Tutto è equidistante, non c’è più distanza, la distanza è solo apparente.
Tutto accade nel non tempo.
Ma apparentemente vediamo ogni cosa tramite il tempo.
Non c è niente di fisso.
C è solo una vibrazione veloce di energia che è pura “COSCIENZA”.
Tutto appare e scompare nella coscienza.
Ma a veder bene noi siamo ben oltre.
La coscienza va via di notte, noi siamo oltre coscienza e incoscienza.

Marco Mineo: — Parlo di me. La complessità della vita quotidiana cessa quando la tensione tra come è e come dovrebbe essere viene vista e abbandonata. Mente e non mente non possono essere integrate poiché solo la non-mente esiste permanentemente. È paradossale ma quando si smette di cercare qualcosa oltre la mente quotidiana si rivela una pace profondissima. Ho imparato provando e riprovando di continuo in ogni circostanza, sia nella quiete che nel lavoro. Ad un certo punto mi sono detto: — Cosa succede se accetto incondizionatamente la mente?

Sergio: — Ho parlato con un’altra Dea che vive un periodo difficile. Lei però non è caduta nella mente. Vive quello che appare momento per momento, senza sapere cosa viene dopo. A volte le appare che deve fare dei passi, prendere una decisione, ma non proviene mai dall’ego e dalla mente, ma da un piano superiore, impersonale. Mi ha detto: “A volte il dolore è così intenso che sembra che mi trafigga il cuore”. Ma questo dolore non emerge da un conflitto mentale, emerge e basta, e lei non oppone resistenza, lascia che l’attraversi… Poi ha aggiunto: “L’altra sera ho avuto un’apertura [per lei l’apertura è il samadhi]: ho sentito che anche questo dolore è amore!… Per me il vuoto è Amore. L’altra notte ho fatto un sogno. C’era una melodia di sottofondo che cantava come una melodia ‘non c’è niente, non c’è niente’…”. Quanti Maestri divini in questo piccolo sangha…

Anna Gagliano: — Ci sono degli istanti in cui sento emergere un amore molto forte… come se lo stessi scoprendo adesso, come se non avessi mai saputo di averlo dentro… Più mi abbandono a questo sentire più lui si rafforza, e meno sento di essere una persona. È quell’amore che esploso in alcuni momenti dei Ritiri, dopo tanto dolore, di fronte a un paesaggio che ad un tratto mi è apparso così immenso, o a uno sguardo pieno di tutto… Quell’innamoramento del Ritiro lungo che mi ha emozionato come ad un primo incontro. Tengo spesso le mani sul grembo, con tenerezza e dolcezza verso questa parte del mio corpo così sensibile e fragile… Non più rabbia né avversione, una comprensione amorevole ha preso il posto del dolore…

Sergio: — Che significa essere sganciati dalla mente?
Che non ti identifichi più con le impressioni che appaiono nella coscienza. Un essere non realizzato quando emerge una sensazione pensa “questa sensazione sono io”, quando emerge un’emozione pensa “quest’emozione sono io”, se emerge un pensiero pensa “io penso questo”, se ha mal di schiena pensa “io ho mal di schiena”, se deve andare a Genova pensa di stare per fare un viaggio a Genova… e così via.
Il realizzato non si identifica più con ciò che appare nella coscienza, perciò dopo un po’ non si trova più come ‘io’. È Ciò da cui tutto appare e in cui tutto scompare, è persino oltre la coscienza e l’incoscienza.
La carica energetica delle impressioni che emergono lo attraversa ma non trovando nessuno che se l’accaparra e se l’attribuisce, non riesce a lasciare traccia duratura. È come scrivere nell’aria… Resta sempre e solo aria, vuoto, Ciò che sei tu.

Sonia: — Io innamorata del silenzio condivido la frase che più sento rappresentare il mio stato: “sono il substrato su cui tutto si muove”, così come nella profondità del mare esiste la perfetta quiete mentre le onde danzano e giocano in superficie.
Non c’è metodo o sistema perché ciò accada, né tantomeno c’è un approccio mentale che ti porti lì, solo accade… È una pace ritrovata e riconosciuta solo per questo dalla mia piccola esperienza l’ho sentita come “lo stato di naturale silenzio”. A volte mi osservo mentre svolgo ciò che la vita, con energia e fermezza, mi chiede di fare, ma non c’è alcuna identificazione, tutto torna lì, fermo e quieto, senza alcun residuo emozionale. Senza alcun attaccamento ma solo nella pienezza del vuoto, dove ci sono momenti in cui la sorgente d’amore che placida permea tutto decide di aumentare il suo flusso e mi trovo inondata da una cascata d’amore incontenibile. Grata e facilitata dal contatto a me più vicino che da tempo (immemorabile) mi nutre con la sua profonda conoscenza/esperienza, bacio Nelida mia ispirazione e sorella.
Ho la sensazione che la coscienza si sia mossa in me ancor prima della consapevolezza della coscienza stessa, dettando scelte e movimenti che percepiti dalle profondità preparavano il mio cammino verso la verità. Vi abbraccio tutti , stupenda famiglia spirituale.

Sergio: — “Non c’è metodo o sistema perché ciò accada, né tantomeno c’è un approccio mentale che ti porti lì, solo accade”.
Sì e no, Sonia. Il metodo si chiama autoindagine e consiste in un’inversione dell’attenzione di 180°, dagli oggetti percepiti, al Soggetto percipiente. Ciò rompe la letargia e l’ipnosi della coscienza che fa credere all’Assoluto illimitato di essere una forma finita e temporanea.
Però è anche sì, nel senso che tu sei nella fase dell’abbandono, non necessiti di sforzi di autoindagine, se ne facessi dovresti rientrare nell’identità di chi non ha se stesso e cerca di ritrovarsi.

A. — Grazie a tutti… In questo momento sento molto vicino ciò che dice Roberta. Grazie agli insegnamenti che ricevo e all’esperienza che ne ho fatto, mi è facile accettare quel che si presenta mentre medito, anche adesso che è ‘puro buio’, è una discesa dentro e non è più luce ed espansione. Ho percepito il mio sgomento le prime volte che si è presentata la precisa consapevolezza del Vuoto, ma nel giro di poco, benché continui a non essere che buio, questo stato è diventato desiderabile e sento le resistenze cadere.
Però non riesco a viverlo quando mi trovo ad avere a che fare con il mondo. Sento la sofferenza del mio essere prigioniera della mente, che mi rimanda che sono inutile e incapace, ma non riesco a non esserlo. Con fatica mi guadagno l’autoindagine: chi è confuso? chi sta soffrendo? chi è sopraffatto?… ma ho sperimentato varie volte che ciò che produce un vero spostamento è la presenza o la parola del Maestro, o dei Maestri… mi tirano fuori, per contatto diretto, e a quel punto vedo la trappola. Tutto accade quando deve accadere e non sono io a farlo accadere, inutile preoccuparsi di essere nella mente o altrove, solo stare.

Sergio: — Grazie, A., è bellissimo!
Il ‘questioning’, il chiedersi chi è confuso? chi sta soffrendo? chi è sopraffatto?… va bene per chi non conosce ancora se stesso, e deve conquistarsi un’esperienza diretta, un risveglia… non è certo il caso tuo; anzi per te farlo è in qualche modo una negazione della tua reale consapevolezza, cioè maturità, spirituale, perciò è frustrante. È come se scoraggiata di studiare Kant tornassi a fare le astine della prima elementare per avvicinarti a lui.
Devi fare l’amore. Il Vuoto/Silenzio è il tuo amante: devi entrare in corresponsione d’amorosi sensi con Lui, il tuo Signore. È un “idillio d’amore”, come diceva Yogananda. Dagli tutto, al tuo Signore. Lascia che sia Lui a decidere ciò che è bene e ciò che non lo è, se sei inutile, incapace o chissà cosa. Dagli le chiavi della tua esistenza e del tuo cuore. Così non saprai più niente, ed essendo il tuo Q.I. collassato così drammaticamente, non sarai più in grado di trovare problemi mentali. Ecco perché le parole dei Maestri ti aiutano: ti spostano sulla giusta prospettiva, che è l’unica. Cristina l’ha fatto, Sonia l’ha fatto, Roberta l’ha fatto… Puoi farlo anche tu: è amore!

S. — Caro Sergio, a seguito del post “perché abbandono è sinonimo di realizzazione, cioè cosa è ego e cosa non è ego”, rispondo non con la spontaneità che di solito mi contraddistingue ma per adempiere ad un compito che mi viene richiesto, sempre però nella verità del sentire nel mio cuore e non nella mente.

I dubbi, la confusione e la stanchezza espressi dalla nostra amica spirituale mi sono tanto vicini. Trovo una difficoltà enorme nell’integrare il silenzio nella vita quotidiana, dove si è sottoposti continuamente a prove da superare per un amore, per un lavoro difficile, per mancanza di denaro, per un non lavoro, insomma per tutte le difficoltà che la vita stessa ti mette sul cammino.

Mi sono chiesta più volte se il sangha e la meditazione sono vie di fuga, delle ulteriori stampelle per non zoppicare, una ulteriore prigionia dipendenza. In ogni accadimento della mia vita non ho potuto mai non attraversare totalmente quello che mi stava accadendo, anche se il dolore poteva essere dilaniante. Quando cercavo di stordirmi con delle “stampelle” il problema si solo spostava per un po’ di tempo ma poi si ripresentava e ho capito che si ripresentava perché non era stato risolto, non era stato dissolto.

Ho anche compreso che la risoluzione non avviene, almeno per la mia vita, con ricevere ulteriori informazioni, concetti e strutturazioni, ma solo e unicamente vivendo quello che accadeva, nell’abbandono totale del dolore, accettando con tanto strazio nel cuore. E parlo del dolore, perché nella gioia tutto è semplice: puoi rimanere nello stato di profondità e di beltà perché il tuo corpo ma soprattutto la tua mente vive della gioia. Mi sono sempre risollevata solo vivendo totalmente quello che la vita mi proponeva.

Il mind clearing è il sistema più potente che abbia mai incontrato in questa vita per spazzare, pulire, detergere le varie sporcizie. I ritiri di silenzio a cui ho partecipato mi hanno fatto ricordare chi sono. Il tuo operato è stupendo, straordinario, veloce.

Ho ricevuto tanti doni e di questo ti sarò grata all’infinito.

Però ora sento che tutto quello che ho compreso, deve avere il tempo, il mio tempo, per radicarsi. E talvolta – in questo ultimo periodo ancor di più – sento che tutte le parole che vengono dette, sono solo parole. Bellissime parole, ma sempre pur solo parole, anche se ricoperte d’amore, alle volte di tanto amore.

Il silenzio, sia quello reale che quello illusorio, è fatto di silenzio e le parole sento che per me sono ulteriori informazioni. Ho faticato tanto per capire che le informazioni sono per buona parte dettate dalla mente per la mente. Ecco il perché del mio silenzio. Non per mancanza d’amore, ma per non ristrutturare la mia mente con informazioni che sento tanto lontane dal mio cuore.

Con tanto tanto amore.

Sergio — Se mi permetti di esprimere il mio soggettivo modo di vedere, con questo dubbio, che la via spirituale sia una fuga, non saresti a mio avviso nemmeno da considerare un aspirante; piuttosto, sempre a mio avviso, ti collocherei nella categoria ‘turisti’, di quelli che visitano dei posti ma non li considerano la loro patria.

Nessun dubbio attraversa l’aspirante maturo alla liberazione, quali che siano le difficoltà.

Spesso queste persone che dubitano realtà spirituale. Passano un periodo più o meno lungo a praticare per scrollarsi di dosso del dolore che li ha sopraffatti. Ma, indipendentemente dai loro conseguimenti – che a volte possono essere riguardevoli – non durano sulla via. Prendono quella boccata di ossigeno che gli serve, e tornano ad immergersi nelle loro impressioni. Ne ho incontrati tanti così.

Io in passato ho lavorato tanto, come maestro a pagamento, con persone con questo tipo di dubbi, se cioè sia vera la realtà spirituale o se invece sia il mondo degli oggetti e delle relazioni duali ad essere la realtà. Ma adesso non ho nessuna spinta verso di loro. Perché sbracciarsi quando il Padreterno ha già predisposto il miglior metodo per convincerli: il dolore…?

Perciò apprezzo il tuo silenzio e l’avrei mantenuto anch’io nel tuo caso. Rispondo solo per insegnare al sangha.

A. — Cara S., ti voglio tanto tanto bene… Capisco quello che tu hai scritto e non sono certo io a poter dare insegnamenti, ma posso raccontarti l’errore in cui sono caduta io. Quanto più mi sono avvicinata al Vuoto e al Silenzio, tanto più ho iniziato a pensare che il Vuoto e il Silenzio potessero semplicemente riversarsi nel mio modo di stare nella Vita: che mi sarei “risolta”, che si sarebbero “risolti” i nodi che mi fanno star male, che sarei diventata più capace di vedermela con la bulimia che pensavo di aver superato, con i problemi di lavoro, con i miei sentimenti di frustrazione e potrei andare avanti all’infinito. Invece, tutto uguale. La mente non cambia il suo funzionamento perché qualcosa accade sopra di lei, o perché temporaneamente si spegne. Anzi, ho la sensazione che più diventa profondo il Silenzio, più la mente si attiva perché quel Silenzio stia lontano. A me capita che una parola, un contatto soprattutto, mi tirino istantaneamente fuori. La Vita non ha soluzione, perché dovrebbe averla? Ricordo le diadi con te occhi negli occhi, cuore nel cuore, senza una sola parola, senza un solo movimento, solo Tutto fuori e dentro. Lì non c’è bisogno di niente: lì la Vita può scorrere com’è e portarti, comunque, inevitabilmente, nell’unica Realtà, perché un “altrove” non esiste. In questo momento cerco di non fare nulla, di vedere l’illusione di pensare di essere io a determinare le cose. Accolgo di essere ancora in cammino e mi accorgo che il cammino è già una Manifestazione.

Sergio — Aaaah, Annalisa, quali sante parole. La mente non cambia con la Realizzazione, può essere anche disturbata, ma il realizzato non è più collegato alla mente!

Fabrizio — Dipende dal punto di vista… È anche vero dire che la mente si purifica con la realizzazione… sino a diventare priva di pensiero.

Sergio — Sì, ma all’inizio della realizzazione può essere anche disturbata. Ciò che voglio enfatizzare è che per ottenere la realizzazione non è necessaria la purificazione della mente (anche se ovviamente avviene con l’autoindagine in una buona misura): è necessario che TI STACCHI DALLA MENTE! Se si capisce questo si evitano tante inutili attenzioni che il sadhaka dà alla mente.
L’autoindagine è “non guardare la mente, guarda il Soggetto”, guarda chi dà luce è forza alla mente stessa.

Sergio — Un bel sogno che mi arriva da un’amata Sorella. È il tipo di sogno che testimonia la fase di passaggio che sta avvenendo/maturando in lei a un livello profondo. Il treno corre ormai indisturbato sui binari, non può che arrivare a destinazione.
In un sogno precedente avevamo già visto che per questo soggetto la ‘madre’, a livello simbolico, è la sua personalità individuale.
La ‘maestra elementare’ è una maestra di basso rango… simbolicamente è la mente che ti dice, dopo numerose e prolungare esperienze del Sé, che la via spirituale è una fuga e che la realtà vera è il mondo proiettato dalla mente stessa.
‘Aprire la porta’ significa rompere l’introversione del ‘Dimorare del Sé’ e ricorda molti miti greci. Il mito di Perseo, a cui vien detto di non guardare Medusa (la mente) negli occhi (non darle ascolto). Neeraja, la curatrice di una biografia di Papaji e allieva che gli fu molto vicina, racconta che attraversando un periodo di grande confusione prego intensamente Ramana che le desse un indirizzo per superare quella crisi. Ramana le apparve in sogno e le disse: “Non pensare”. ‘Aprire la porta’ ricorda anche il mito di Orfeo. Lui va negli inferi (penetra la mente attraverso la sadhana) a recuperare Euridice, la sua Amata (la sua vera natura), ma è ammonito che se sulla via del ritorno si volterà indietro anche solo una volta, la perderà. Orfeo va avanti ed Euridice lo segue. Non appena Orfeo esce dagli inferi (quando la realizzazione definitiva non è stata ancora conquistata) si volge a guardare Euridice, ma lei seguendolo non è ancora uscita del tutto dagli inferi, così sparisce e Orfeo la perde…
Ecco il sogno:
“C’è una parte prima, ma la sorvolo… Mi ritrovo in un tendone, c’è una sorta di rito spirituale. I maestri bruciano dell’incenso, si sta di fronte all’incenso che brucia a respirarne i fumi, una sorta di atto purificatorio che dovrebbe portare all’illuminazione. Di sottofondo tutti cantano, con una melodia da canto sacro: “Non c’è niente”. Un inno al Nulla, al Vuoto. Qualcuno non sopporta l’incenso, una donna, una maestra della scuola elementare, apre la porta. Io penso che aprire la porta non sia una buona idea, quello è un rito, gli esterni non dovrebbero entrare o curiosare, penso anche che di lì potrebbe passare mia madre e non so cosa potrebbe pensare. Quando tocca a me mi muovo comunque senza alcuna preoccupazione e vado. Mi inginocchio di fronte al maestro che brucia l’incenso e respiro. Ho un momento di abbandono totale, anche piacevole, ma poi la sensazione di riprendere il controllo. Un po’ mi dispiace di avere ripreso il controllo, sentivo importante abbandonarmi”.

A. — Condivido l’osservazione di Fabrizio. L’ho sperimentato. Negli ultimi mesi sono accaduti avvenimenti che se fossero successi solo l’anno scorso avrebbero mandato la mia mente in loop. Poiché invece ero sostenuta dal Maestro e dalla maggiore vicinanza alla Fonte di ogni esperienza, su questi avvenimenti, tolto qualche scivolone, la mente ha smesso presto di girare su sé stessa e tende a non farlo più. È più difficile dove ci sono decenni di contorcimenti. Lì serve che il Maestro ogni tanto ti giri al contrario, perché uno sforzo bisogna pur farlo per rimanere al centro del percorso che si sta facendo; e soprattutto, come sto scoprendo, mi serve stare sopra e smettere di volere che le cose sotto prendano un’altra direzione. Ricordatemi quello che sto dicendo alla prossima crisi…

Roberta — Io non capisco più nulla dei comportamenti delle persone. Vedo tutti bipolari.  Parlano spesso dal vuoto e poi inaspettatamente lo riempiono di immense fantasie e parlano tramite quelle.
Ho avuto un colloquio con B. a tavola, a Barcis, ed è stata l’unica che si basava sulle apparenze esterne.
Le ho spiegato che non avrei dovuto lavorare nella mente e mi ci sono trovata senza saperlo, dato che avevo capito di dover fare solo da assistente. Ma accetto ogni cosa se è il Maestro a farmela fare.
Le ho detto che dentro di me era sorta compassione verso CHI era identificato con la sofferenza, quindi ho messo maschera e boccaglio (come dice il Maestro) e grazie alle bombole ho affrontato quel mare in tempesta.
Le ho spiegato che se vedeva esternamente durezza (come lei ha definito me e il Maestro) era tutto relativo al contesto e non allo sfondo che illuminava l’esperienza.
Tornata a casa avevo il sentire, riguardo di lei, che doveva ancora fare un lavoro per capire la differenza tra reale e illusorio/momentaneo.
Ed ecco che il nodo si è evidenziato ieri.

Fabrizio [sull’amore] — G., se dici “l’amore parla così”, sembra che tu abbia un idea di come dovrebbe parlare il cuore… Allora quando la comunicazione coincide con quell’idea è tutto ok, altrimenti secondo te ‘si è nell’ego’.
Hum… non è così.
Amore è libertà, tutto si muove per amore, come potrebbe non esserci amore? Anche l’ego più duro esiste per amore.
Posso comprendere che dal tuo punto di vista sia assurdo quanto dico, ma dipende solo ‘dal punto di vista’, ed io non avendo un punto di vista vedo l’amore in tutte le sue forme…
Poi, se hai domande più specifiche, posso essere anche più preciso.
[Il giorno dopo] G., volevo scrivere un post sull’amore e l’idea dell’amore, ma non riesco a tradurre in parole quello che voglio esprimere, allora mi limito a questa considerazione: le tue domande “siete davvero nel cuore ora?” oppure “è il cuore parla così?” nascono necessariamente da un’idea di amore, altrimenti non sarebbero sorte.
Purtroppo non riesco ad andare dove voglio con questi messaggi, se hai piacere di approfondire possiamo sentirci, altrimenti va bene così.
Comunque, considera che chi ha superato sofferenza e non-sofferenza può usare qualunque strumento per aiutare un altro al risveglio, poiché quell’aiuto nasce dal più profondo amore, inconcepibile per la mente.
L’ostacolo più grande non è abbandonare ‘la sofferenza’, ma ‘lo stare bene’!