riposo e attaccamento all’incoscienza

Uno degli attaccamenti più potenti, credo il più potente, è quello verso il sonno.
La mente comune conosce un solo modo per riposare: l’incoscienza.
Da qui il paradosso (fenomeno evidente in chi soffre di insonnia) del rincorrere il sonno come assoluta necessità!
È un rintanarsi in delle ‘sacche’ di incoscienza per proteggersi dal sentire.
Ci proteggiamo dal sentire il dolore scegliendo l’incoscienza.
Di fatto però ci proteggiamo dalla pura consapevolezza che è puro riposo, la fine del senso del fare: ciò che realmente desideriamo, che lo sappiamo o meno.
Lo stato basale è chiarezza che illumina, trasparenza che consente la visione, apertura che supera il dolore, libertà di automanifestarsi per gioco apparendo come altro da ciò che è: quiete in cui termina l’insoddisfazione.

Marco Mineo

Sergio:
È bellissimo!!! Non ho mai letto qualcosa su questo tema in termini così chiari. Solo un realizzato, uno jnani, può parlare così!
Il dolore non necessariamente è un evento traumatico specifico: la continua attività mentale, la continua identificazione alle sorti della propria persona sono già di per sé un insostenibile dolore, come dover vivere sempre in una discoteca.
Ecco che si cerca rifugio nelle droghe da quella continua presa diretta con la mente: con l’alcol, guardando un film (ci si identifica in un altro, ma almeno per un si sciolgono le catene che ti legano alla tua persona… ‘tua’ per così dire).
La droga più grande è l’incoscienza!
Per non avere più bisogno di evadere nell’incoscienza, bisogna conoscere bene il completo riposo nell’eterna coscienza cosciente di se stessa, senza oggetti. Non solo, bisogno poi disintossicarsi dall’abitudine di assumere incoscienza per rilassarsi.
In che modo?
Continuando ad essere ‘Consapevolezza che guarda la Consapevolezza’. Questo sforzo continuo a un certo punto si converte e diventa lo stato naturale senza sforzo.