“senti che tutto è nulla”

Dio è nascosto dal film della fenomenalità: cause, effetti, ragioni, spiegazioni, apprensioni, desideri, aspettative, tentativi, speranze, timori, delusioni… un bel tran tran.

Il sogno della fenomenalità è nient’altro che la mente. Il Divino appare evidente in primo piano solo quando tutto quel film scompare. Ecco il perché del Koan “Senti che tutto è nulla”.

“Senti che tutto è nulla” fa sparire la mente realizzando il più importante versetto degli Yoga Sutra di Patanjali. Si tratta del secondo versetto della prima sezione ‘SAMĀDHI PĀDA’ (la Realizzazione del Samadhi) in cui viene spiegato lo scopo stesso dello yoga: “Yogaḥ cittavṛtti nirodhaḥ” (lo yoga impedisce le modificazioni della coscienza).

‘Tutto è nulla’ si riferisce esclusivamente alla fenomenalità che è illusoria, non al Sé che è reale. Quando l’aspirante crede erroneamente che nel nulla è compreso anche il Divino, cade in una desolante visione nichilista. Il Koan è ovviamente affidato a chi sa già per esperienze dirette che la fenomenalità è illusoria.

Il Koan “Senti che tutto è nulla” azzera la mente e permette all’aspirante un salto di qualità fondamentale: passare dal cosiddetto immediato satori (un’esperienza diretta della durata di un istante) a uno stato unitivo che si prolunga per vario tempo.

Solo allora l’aspirante può vedere la Liberazione in lontananza – prima per lui è soltanto un concetto – e può fare qualcosa per avvicinarsi ad essa; e cioè: incrementare l’abbandono!

Lo stato unitivo è esso stesso abbandono, ma può essere un abbandono al minimo, il minimo sufficiente per restare nello stato unitivo; restandovi però l’aspirante vedrà da sé la possibilità di maggiore abbandono, e gli verrà spontaneo compiere quei passi. L’abbandono quindi non viene incrementato dallo sforzo – il che agiterebbe la mente e farebbe risorgere l’ego-agente – ma dall’abbandono stesso, dal progressivo darsi al Divino, fino alla Liberazione finale.