devi distinguere il Sé dall’ego che conosce il Sé

— Se mi puoi dare qualche suggerimento dal punto di vista della pratica spirituale te ne sono grato. — Devi distinguere il Sé dall’ego che conosce il Sé. L’ego che conosce il Sé ha sempre una certa identità centralizzata. Tu lo individui come te stesso, ma è solo una sovrapposizione che nasconde il vero Sé. Quando sei il vero Sé, sei come la coscienza che contempla. Ma non pensi di essere la coscienza perché non pensi affatto; non hai pensieri perché sei l’Uno, e i pensieri Continua a leggere →

Su vritti-jnana, la mente sottile che distrugge l’ignoranza, e puriashtaka, il corpo sottile

Nel discorso 629, Sri Ramana Maharshi ribadisce quanto già detto nel discorso 624, e cioè che la conoscenza assoluta non distrugge l’ignoranza. Per distruggerla è necessario vritti-jnana, quell’Attenzione focalizzata che nasce dalla pratica spirituale. Tale concentrazione si tramuterà infine nello stato naturale (sahaja samadhi). Lo Zen fa dell’Attenzione focalizzata il pilastro della pratica. In zazen l’aspirante deve fare attenzione alla postura del corpo; in meditazione conta i Continua a leggere →

Sōsan afflitto dalla lebbra

Sōsan (?- 606), il 3° patriarca della tradizione buddhista cinese Chán (Zen in giapponese), quando era ancora un monaco era afflitto dalla lebbra. Racconta di lui il Denkoroku: «Sōsan si recò da Eka, il 2° patriarca, e gli disse: “Il corpo del discepolo è avvolto da una malattia mortale, vi chiedo, maestro, di estinguere i miei peccati”. Il 2° patriarca rispose: “Portami i tuoi peccati; te li estinguerò”. Sōsan stette seduto tranquillo e poi disse: “Benché io abbia cercato i Continua a leggere →

se sediamo così

Teniamo la mente fluida ma non dispersa; nessun pensiero passa inosservato, ma l’attenzione non è fissata: è lo stato naturale della mente, libera e chiara. Se quando pratichiamo in Diade o nello Zazen sediamo così – completamente, senza escludere niente, e profondamente, senza lasciare nulla di nascosto alla consapevolezza – la pratica non è più solo un mezzo per un fine, ma il fine stesso. Portando questo atteggiamento nella quotidianità, questo stesso diventa la pratica effettiva Continua a leggere →

dove hai lasciato la testa?

Rossella — Stamattina non ricordavo dove avevo messo l’ombrello. Allora mi sono ricordata questa storiellina zen: LO ZEN DI OGNI ISTANTE Gli studenti di Zen stanno coi loro maestri almeno dieci anni prima di presumere di poter insegnare a loro volta. Na-in ricevette la visita di Tenno, che dopo aver fatto il consueto tirocinio era diventato insegnante. Era un giorno piovoso, perciò Tenno portava zoccoli di legno e aveva con sé l’ombrello. Dopo averlo salutato, Na-in disse: “Immagino Continua a leggere →

dall’esperienza diretta alla realizzazione

Kenshoo in giapponese vuol dire ‘vedere la propria vera natura’. Ken = vedere, shoo = natura. È l’esperienza diretta. A parte le grandi anime, a cui basta un kenshoo per rimanere stabili, per la maggioranza degli aspiranti sono necessari molti kenshoo per vederla bene questa vera natura. I 10 tori dello Zen simboleggiano questo percorso: prima l’aspirante è alla ricerca del toro, poi ne scorge solo una natica, poi lo vede per intero… Qui c’è da dire qualcosa. Anche quando l’aspirante Continua a leggere →