L’Unica Realtà

L’unica cosa che esiste è quello che noi siamo. E quello che noi siamo è Essere-Consapevolezza.

I desideri impediscono di riconoscere l’unica Realtà, ma i desideri non sono Belzebù. Essi sono relativi al fatto che crediamo di essere un io individuale legato a un corpo.

Quando cominciamo a scorgere l’Essere-Consapevolezza (il Sé) senza io individuale, i desideri si relativizzano. A un certo punto di desidera più essere Quello che qualsiasi altra ‘attrattiva’ umano, e quando si diventa stabilmente Quello, non siete più soggetti ad alcuna condizione: né desideri, né la mente, né vita né morte possono più toccarvi.

Con l’autoindagine in genere si comincia ad essere stabili nel Sé, nell’identità di puro Essere-Consapevolezza, durante lo stato di veglia. L’aspirante diventa sempre Testimone di tutto quello che accade ed è consapevole di essere il Testimone e non un personaggio del film di maya. Anzi, ‘il Testimone’ diviene asoggettuale: un Testimoniare che non include affatto un io individuale. L’aspirante sente che non c’è io, un soggetto individuale titolare delle azioni, che le azioni non sono determinate da lui, che le cose semplicemente accadono, sia che siano sollecitazioni dal così detto mondo esterno, sia che siano spinte che appaiono nella coscienza. I samadhi in cui si fonde con l’Essere-Consapevolezza, senza più percezione del mondo, diventano sempre più frequenti, soprattutto nella meditazione formale.

Lo stato di testimone e le esperienze del samadhi gradualmente si estendono anche nel sogno, ed infine nel sonno profondo senza sogni. Qui l’ignoranza del sonno inconsapevole viene spazzata via e, non essendovi mente nel sonno, l’aspirante passa lunghi periodi immerso nell’Essere-Consapevolezza; a volte si rende persino conto che il corpo sta dormendo.

Col tempo la medesima coscienza: puro Essere-Consapevolezza, attraversa tutti e tre stati di veglia, sogno e sonno, senza subire cambiamenti. Questo è Turiya, e quando è ininterrotto (in me ci sono ancora interruzioni) si chiama sahaja samadhi, là dove sahaja significa ‘naturale’.

Se potete passare veglia, sogno e sonno senza mutamenti di coscienza, allo stesso modo potete passare morte e rinascita (in questo caso si ha il karma di rinascere per insegnare – vedi Sri Ramana e altri Grandi) senza esserne influenzati. Niente del samsara (il ciclo di morte e rinascite) può toccarvi.

Non ho ancora le idee chiare su Turiyatita. Nelle mie prima esperienze, l’assorbimento in Turiya diventava così profondo che anche la coscienza spariva. Avevo avuto modo di verificare che anche altri sadhaka avevano lo stesso tipo di esperienze. Poi ultimamente l’assorbimento non porta a uno stato di non coscienza ma a uno stato che non si può dire di coscienze né di non-coscienza… a metà tra i due. Quando ho trovato le parole della Varaha Upanisad 4, 17: “Allora uno rimane privo di timore in quello stato senza-secondo e CON LA PROPRIA CONSAPEVOLEZZA QUASI ANNULLATA, dove non esiste né Sat (Essere) né Asat (non-Essere), né Sé né non-Sé”, ho riconosciuto le mie ultime esperienze. Tuttavia Bhagavan Sri Ramana non parla di un abbassamento di coscienza in Turiya. Perciò sulla questione sono work in progress.

Ma non me ne preoccupo affatto perché Turiyatita, qualsiasi cosa sia, deriva unicamente da Turiya, che è: ‘Essere puro Essere-Consapevolezza’. Quello che profondamente mi interessa è raggiungere la continuità ininterrotta del sahaja, sia per il desiderio di liberazione dalla miseria, sia per amore delle altre forme del Sé.