due visioni dell’evoluzione spirituale a confronto

Shivananda: — In alcuni momenti ho ancora bisogno di sforzo ma se attribuisco a me questo sforzo, cado in inganno. Questo sforzo è Suo. Se lascio o dono questo sforzo al Sé sento che si genera un’autocombustione ❤️🙏

Soham: — Amata, questa è la corretta visione non-duale! Finché c’è il punto di vista egoico, tu come individuo separato compi lo sforzo, ma questo sforzo è separato dal Sé? Niente è separato dal Sé. Perciò tu sei il Sé, lo sforzo è il Sé, Tutto è il Sé! Ciò che avviene è guidato dal Potere Superiore – Shakti, la Madre divina – che serve il ciclo indicato dai saggi come ‘Gioco Divino’.

Ti espongo il ciclo.

L’Assoluto immanifesto inconsapevole di Sé (Paramatman), partorisce universi di sogno per conoscersi ed amarsi. Attraverso la dualità, l’Assoluto, sotto forma di anima individuale (jiva), sviluppa conoscenza-coscienza di Sé stesso. Nel corso di eoni, la conoscenza-coscienza raggiunge un livello tale da consentire all’illusoria anima individuale di riconoscere di essere l’Assoluto stesso. Questo è il punto della Suprema Conoscenza-Coscienza (Prajnana), è Turiya, la Realizzazione.

Riepilogando: dalla totale incoscienza siamo arrivati alla Suprema Conoscenza.

Una volta conquistata la Suprema Conoscenza e con essa sbaragliata l’illusione della molteplicità duale, cosa succede?

Il Sé si immerge in se stesso, e tale abbandono nello stato unitivo del samadhi conduce al graduale oblio della conoscenza. QUESTO OBLIO È NATURALE, È SENZA SFORZO!

Tuttavia il Jivanmukta (il realizzato mentre il corpo è in vita), finché vive in un universo duale, mantiene sempre in standby la consapevolezza di chi veramente è, pronta a emergere quando necessario. Faccio un esempio. Uno ha il genere sessuale maschile. Una volta che l’identità maschile è stata completamente chiarita non ci pensa più, ma quando serve, ad esempio per barrare le opzioni ‘maschio o femmina’ in un formulario, sa bene che lui è maschio.

Quando è il momento, l’intero universo si riassorbe nell’Assoluto inconsapevole di Sé (mahapralaya).

Riepilogando: dall’Assoluto inconsapevole siamo arrivati alla Suprema Conoscenza di Sé, e dalla Suprema Conoscenza di Sé siamo arrivati all’Assoluto immanifesto inconsapevole di Sé.

Come non vederlo? È UN CICLO! E voi chi siete in questo ciclo? Siete il sostrato, o se preferite lo sfondo, di tutto questo ciclo (trascendenza), e al contempo siete il ciclo stesso (immanenza). So Ham: Io Sono Quello!

Ora, le scuole che praticano neti-neti (io non sono questo, io non sono quello), hanno una visione dell’evoluzione spirituale verticale. In basso c’è il mondo dell’illusione e al vertice c’è il Paramatman inconsapevole di Sé, in cui non è più possibile l’esperienza. Per loro, tutto quello che è al di sotto del Paramatman è mente: Brahman è mente, la Beatitudine è mente, Sat-Chit-Ananda è mente, tutto è mente tranne il Paramatman.

A questo punto, la domanda che dovremmo porci è: il Paramatman è davvero la Perfezione Finita oltre la quale non si può andare, o è anch’esso uno stadio del ciclo? La seconda domanda che dovremmo porci è: se il Paramatman è la Perfezione Finita, perché mai genera infiniti universi di sogno per conoscere Sé stesso? Una bella domanda che ci induce a concludere che il Paramatman non è una Perfezione Finita in quanto contiene in sé un’instabilità: la spinta a conoscersi e ad amarsi. Se fosse una Perfezione Finita, perché mai dovrebbe aver bisogno di conoscersi ed amarsi? Dovrebbe rimanere stabile in se stesso, non credete?

Da tale considerazione, in luogo dell’immagine dell’evoluzione verticale, appare quella dell’evoluzione circolare, e l’immagine che appare è l’uroboro, il serpente che si morde la coda, remoto simbolo di popoli antichi, rappresentazione dell’infinito eternamente immobile e contemporaneamente eternamente in movimento.

Da tale visione si consacra la realizzazione di Iti-Iti (io sono questo, io sono quello), Tutto è il Sé!!

Rimando all’equazione di Shankara: 1. Brahman è Reale, 2. l’universo è illusorio, 3. Brahman è l’universo [vedi il discorso 315 di Sri Ramana Maharshi].

PERCHÉ HO FATTO QUESTO INTERVENTO

Prendendo esempio da Bhagavan, non amo fare recensioni critiche di altre vie – parlo ovviamente di critica filosofica. È tutto il Sé, quindi ogni cosa ha la sua ragione, D’altronde la via di neti-neti è sicuramente una via realizzativa, e noi rispettiamo i fratelli e le sorelle che la praticano.

Perché allora questa recensione? È a beneficio degli aspiranti che si avvicinano alla via di Jnana (conoscenza). Un principiante che si senta attratto dalla via della conoscenza, compra un libro di un Maestro che mette al centro Turiya e iti-iti e legge: “Tu sei la Pura Coscienza. Tu sei il Puro Essere”. Poi legge il testo di un Maestro che pratica neti-neti (che l’aspirante crede che appartenendo alla via di jnana condivida gli stessi fondamentali) e legge: “Anche la Pura Coscienza è mente. Anche il Puro Essere è mente”. Avete idea di quale strazio sia per quell’aspirante che sta cercando di capirci qualcosa? Io l’ho sperimentato sulla mia pelle.

Voglio dire a quell’aspirante: “RILASSATI! QUESTE AFFERMAZIONI NON SONO ASSOLUTI! Sono affermazioni relative! Relative a rappresentazioni differenti della Verità. Senti quale metodo ti piace di più, e segui quello senza lasciarti distrarre dall’altro!

Mi auguro che nessun devoto della via di neti-neti si sia sentito offeso.


Uroboro egizio