meditazione e sofferenza

Sergio: — Cosa ne pensate di questo video?

G.: — Io credo che il vero insegnamento avvenga quando si riesce a dimorare nel Sé. Secondo la mia piccola esperienza nel Sé la sofferenza scompare ed avviene una trasmissione profonda. Credo che la sofferenza sia lo scoglio da superare per riuscire a dimorare nel Sé.

Sergio: — La tua visione è la trappola che mi ha imprigionato per molto tempo: poiché nell’esperienza diretta è tutto perfetto, io ricerco solo l’esperienza diretta, senza rendermi conto però che così facendo perdendo di vista il percorso formativo necessario per dimorare ‘stabilmente’ nel Sé.

All’Intensivo di Illuminazione l’aspirante deve rispettare certe regole – che per parecchi sono già onerose –, però può muoversi, grattarsi, quando è il suo turno di meditare può sbraitare, piangere, ridere, agitarsi… Egli da un lato può raggiungere con relativa facilità l’esperienza diretta grazia alla tecnica potente dell’Intensivo, dall’altro però non sviluppa alcuna capacità a non rispondere alle resistenze della struttura corpo mente. Io ho vissuto nell’ambiente dell’Intensivo di Illuminazione per 35 anni, e non ho conosciuto quasi nessuno di quei partecipanti che avesse anche l’abitudine di fare qualche ora di meditazione, non dico al giorno ma almeno alla settimana. Essi sono abituato ad abbandonarsi alla mente e continuano a ricercare le esperienze dirette ai Ritiri Intensivi per trovare l’agognata equanimità. Potranno anche avere altre esperienze dirette, ma non certo la stabilità nel Sé, dato che non hanno sviluppato nessun allenamento a non rispondere al dolore.

Che cos’è questo dolore? È la resistenza del limitato, cioè della struttura corpo-mente, cioè della nostra prigione, che si manifesta attraverso spinte a grattarsi, muoversi, evitare qualche dolore posturale ecc. che si presentano quando si fa qualche ora di meditazione stando seduti immobili.

Come ben spiega Gianfranco Bertagni questo dolore viene gradualmente relativizzato, realizzando il principio che quando si limita il limitato, l’illimitato è finalmente libero di manifestarsi.

La fine del dolore si ha quando l’aspirante si rende conto che tutto il film della vita è inesistente, aria fritta – e in questo l’aiutano le esperienze dirette. Ma non basta avere un’intuizione della vacuità del mondo fenomenico per far collassare ogni contenuto mentale; è necessario avere un allenamento a non rispondere al dolore, e tale allenamento si conquista durante molte ore di meditazione formale. Altrimenti non si andrà mai oltre il livello delle esperienze dirette, che è quel che succede alla stragrande maggioranza dei partecipanti agli Intesivi d Illuminazione.

Ecco perché io suggerisco di affiancare al Dimorare nel Sé sia la meditazione Vipassana (o altro tipo di raja yoga), sia una pratica Bhakti sistematica.