perché è difficile portare Dio nella vita

Questo post è scritto seguendo il punto di vista di Jnana Marga, la via della conoscenza. È soprattutto utile agli aspiranti di medio livello. I principianti hanno altri problemi, come riuscire a mettere a fuoco il Soggetto percipiente, e gli aspiranti molto avanzati dovrebbero aver già risolto la questione.

Perché è difficile portare il Divino che si è sperimentato interiormente nella vita, trovando un’unità tra Divino e Vita Divina (o vivere come Divino)?

Potreste rispondermi che trovare Dio meditando da soli in una stanza e trovarLo in mezzo ad altri che ti oppongono tutte le loro aberrazioni mentali è ben altra cosa.

D’accordo, è un livello di confronto ben maggiore. Escludiamo però per un momento questo fattore. Vorrei mostrarvi che la dicotomia Dio-mondo nasce prima ancora della difficoltà di confronto, e vorrei mostrarvi dove nasce.

  1. Come discepoli di Jnana Marga, il successo della vostra pratica è dato dallo scoprire quell’IO che non è mondo, che esiste senza mondo e che è prima del mondo.
  2. Quando lo scoprite, la sua bellezza è tale che vi fa esplodere di gioia; e questa gioia porta la vostra attenzione ad estroflettersi di nuovo e a contemplare il mondo che ora è illuminato dalla vostra scoperta del Sé.
  3. La vostra felicità e il sentire che gli altri sono come voi fanno scaturire nel vostro cuore l’amore, e dall’amore il desiderio di aiutare.
  4. L’aiuto però avviene attraverso il corpo fisico, mentale o sottile, e l’ego. È l’ego in primis a portare l’aiuto, ma in questo caso non lo fa per proprio conto, ma alimentato da quel Sé che avete scoperto dentro. Poonja lo dichiara apertamente: “Uso il mio ego per servire Dio”.
  5. L’aiuto può venire anche direttamente dal Sé, ma al livello della pura coscienza. Ad esempio, se guidate un ritiro, potete unire la vostra coscienza del Sé a quella dei partecipanti, e lo stesso potete fare a distanza.
  6. Spesso però l’aiuto è richiesto anche a livello psicologico e fisico. Pensate ad Amma (Mata Amritanandamayi) che abbraccia ininterrottamente persone per molte ore al giorno senza perdere di intensità.
  7. Trattandosi di un aiuto che passa attraverso i corpi, richiede che questi corpi devono sviluppare delle capacità e diventare sempre più puri, sattvici.
  8. Perciò, l’aiuto al mondo parte dal primo tipo di perfezione (la realizzazione totale o parziale del Sé), e investe il secondo tipo di perfezione (lo sviluppo delle qualità divine).

Seguendo il percorso che ho sopra indicato, nell’affacciarvi dal Sé verso il mondo potreste essere confusi su 2 questioni:

  1. La prima è quella dell’impermeabile double face (vedi “L’amore per Dio nell’evoluzione spirituale) che non potete indossare contemporaneamente da entrambi i lati. Questa la dovete capire bene! Quando siete introversi voi contattate l’UNO senza secondo; è l’Assoluto, non c’è nessun mondo. Se non capite bene la questione dell’impermeabile potreste restare confusi per parecchio tempo riguardo a Dio nel vostro comportamento esteriore e Dio nella la vostra esperienza: “Devo seguire quest’UNO senza secondo, o devo seguire l’aiutare gli altri?”. Potreste trovarvi in conflitto per molto tempo; conosco uno che c’è rimasto per 31 anni. Dovete invece mettervi il cuore in pace: immergetevi nell’UNO senza secondo quando siete introversi, e usate l’ego al servizio di quell’UNO per aiutare gli altri quando vi affacciate sul mondo. Rassegnavi di non poter indossare le due fecce dell’impermeabile contemporaneamente. Questa comunque è una difficoltà iniziale. Una volta compresa la questione dell’impermeabile, gradualmente imparerete a rimarrete stabili nel Sé anche mentre battagliate nel sogno della vita.
  2. La seconda questione da capir bene è che poiché l’aiuto passa attraverso i corpi fisico e mentale, questi devono evolversi. Ma i corpi cambiano più lentamente della Coscienza che ci mette un attimo a mutare, il tempo di una considerazione nuova che cambia il punto di vista. I corpi hanno bisogno di addestrarsi, o educarsi, di sviluppare capacità e di purificarsi. Se non mettete in bilancio la necessità di trasformare i corpi per portare il Divino – quello che siete – nella vita, sarete frustrati.

Non tutti gli aspiranti si sentono chiamati al secondo tipo di perfezione. Alcuni sono attratti solo dalla prima e restano su quella fino alla fine. Sri Aurobindo narra del colloquio tra uno jnana e Sri Ramakrishna. Lo jnani dichiarò di essere sposato e di fare l’amore con sua moglie, tanto lui non era il corpo; Sri Ramakrishna che era un adoratore della Madre Divina (almeno fino a poco prima la Realizzazione di cui ebbe a dire: “A un certo punto dovetti lasciare la Madre per il Padre”) ne fu indignato e gli rispose per le rime: “Sputo sul tuo Dharma”. Ma Aurobindo fa notare che anche lo jnani non avena torto dal suo punto di vista.

Nello Dzogchen, concluso il Trekchod in cui si stabilizza l’illuminazione, alcuni aspiranti sono attratti dal Tod-gal che realizza il corpo divino, o corpo eterico. Il corpo divino rientra nella seconda perfezione, quella dell’acquisizione delle qualità divine. Nel Buddhismo è chiamato Dharmakaya kaya significa corpo e dharma significa sia l’etica che la via per realizzare la liberazione –; il ‘Corpo Immortale Del Dharma’ (Dharmakaya) è dunque una qualità divina che ha lo scopo di portare aiuto, darshan e insegnamento su tutti i pieni dell’esistere.

Sicuramente vi sono più vie per realizzare il corpo divino. Non sono in grado di dire se esistano corpi divini di diverso tipo.