sono Yogananda

— Abbiamo tradotto il libro di Lucille – ancora un paio di mesi per la revisione finale. Trovo sia una grande risorsa. In genere gli jnani non parlano della vita, mentre Lucille all’opposto parla solo di come lo stato naturale si integra nella vita.

La questione è che a volte, sentendo la stessa cosa detta in maniera diversa, l’aspirante ‘coglie la cosa’ e fa progressi.

— Sì è vero a volte quella frase messa in un altro modo fa la differenza. A me per esempio questa metafora (che avevo già letto da altre parti), trovata in un vecchio post, mi ha come acceso una lampadina (per restare in tema). Non so se l’ho capita bene fino in fondo però come dici tu mi ha fatto cogliere qualcosa:

Il Sé è come la luce del proiettore. Incontrando i movimenti della mente (i fotogrammi della pellicola) si proietta come una forma di sogno sullo schermo della vita. Poi guarda quella forma, e non essendo consapevole di sé come luce, si identifica con quella forma: “Oh, sono Dracula il vampiro. Come sto messo male…”. E quindi corre a fare ‘crescita personale’ per migliorare il look di Dracula, fare un po’ di pulizia mentale per ottimizzare le credenza di Dracula ecc. ecc. Invece dovrebbe risalire dall’immagine di sogno sullo schermo con cui è identificato, alla luce e rendersi conto di esser la Sorgente Suprema.

— Hai colto molto bene il punto. La consapevolezza è offuscata, perciò l’allievo non comprende ciò che dice il maestro, o lo comprende parzialmente. Il maestro ripete continuamente le stesse istruzioni, a volte provando con parole diverse. Se l’allievo pratica, a un certo punto le capisce.

Quando incorai l’Intensivo di Illuminazione facevo shiatsu in un Centro macrobiotico di Torino. Io e la maggior parte delle persone che lavoravano in quel Centro cominciammo a fare Intensivi, ma io non riuscivo ad avere l’esperienza diretta. Avrei dato la vita, e quando rientravamo e tutti parlavano delle loro esperienze, ti lascio immaginare come mi sentivo. Dopo un anno, al 5° Intensivo ebbi l’esperienza.

Ero in passeggiata, mi sedetti su un sasso e feci l’intento di vivere direttamente chi sono io. A quel tempo il maestro che adoravo era Yogananda, “L’autobiografia di una yogi” mi aveva completamente mandato fuori di testa. Bene, feci l’intento e mi apparve l’immagine mentale di Yogananda e quindi io e Yogananda divenimmo Uno. Allora cominciai a saltellare in giri gridando: “Sono Yogananda! Sono Yogananda…”. Gridavo talmente che si sentiva anche dalla casa. Finita la passeggiata corsi in sala di meditazione dal maestro, mi inginocchiai davanti a lui e dissi “Sono Yogananda. Sono Yogananda…”. “Va bene, va bene” disse lui. Mi fece descrivere l’esperienza per essere sicuro che non si trattasse di una esperienza duale e che mi fosse chiaro lo stato non duale, e poi mi disse “Per almeno 2 diadi ritorna a quel momento e presenta la tua esperienza”. Così ebbi la mia esperienza diretta, e la ebbi da napuli… Ero così esaltato che per i 6 mesi successivi i miei compagni dovettero subirsi la storia che ero Yogananda. Questa esaltazione e anche dovuta una discrasia dell’Intensivo che spinge alla ricerca dell’esperienza diretta come se fosse uno stato alterato particolare, e in questo modo spinge a un divenire. Questo difetto è stato emendato dalla Grazia nel Ritiro Intensivo di Autoindagine.

Comunque in quel dokusan, dissi al mio maestro “Ho capito la tecnica, si fa così… Ma perché non me l’hai detto prima?”. Non rispose, ma tempo dopo mi resi conto che me l’aveva spiegata pazientemente per 5 Intensivi, e questo è tipico e generalizzabile a tutti gli insegnamenti spirituali.