devi fare quello che vuole Dio, non quello che vuoi tu

— Caro Sergio, da ieri sera mi ha preso una tristezza profonda, vasta, con il pensiero fisso che tanto non riuscirò a modificare il carattere e rendere migliore il lavoro e il mio rapporto con gli altri.

— Tu devi fare quello che vuole Dio, non quello che vuoi tu. Altrimenti non riuscirai a sostenere la sadhana, le crisi di purificazione e le prove della vita. Ti fermerai da qualche parte e lì ti chiuderai in una trincea… Fine dell’evoluzione spirituale per questa vita; tutto rimandato alla prossima rinascita…

— Ovviamente so che meditando ogni giorno per 2 o più ore, questo può essere un processo di purificazione, ma nello stesso tempo la negatività dello stato d’animo mi tiene prigioniero lo stesso.

Questa mattina, cercando un aiuto tra i tuoi post, Sergio, ho notato “il metodo dell’amare tutto”, che mi ha stimolato ad affrontare la giornata con un’intenzione positiva.

Nello stesso tempo però sono un po’ confuso e vorrei che mi parlassi di questo amore che ama ogni cosa. Cerco di spiegarmi: è facile amare ciò che è amabile, ma come posso amare ciò che mi ferisce?

Ponila come domanda di autoindagine: “Come posso amare ciò che mi ferisce?”, e prosegui fino a pervenire a una comprensione pienamente soddisfacente.

— Forse sarebbe meglio dire: “ama ciò che è amabile e utilizza una volontà di accettazione e abbandono verso ciò che è detestabile o semplicemente ti rende infelice”. Per quanto mi sprema, non esce amore dal negativo (amore in quanto emozione gioiosa).

Posso dire però che c’è in me la volontà di amare anche la mia sofferenza, come anche la sofferenza degli altri. Possiamo chiamare amore la volontà di amare?

Forse sarebbe meglio dire: “ama tutto ciò che ti è amico e abbi la volontà di amare ciò che ti è nemico, nel senso più ampio del termine?”

— Tu hai la pratica di “Inviare Amore a Dio”. Fallo indipendentemente dalla stato della mente.

Sergio