il terzo toro dello zen: quando il Sé viene confuso con gli opposti della mente

— Stamattina ero in meditazione, ho mandato amore, mi sono concentrato su Bhagavan e fuso con il guru, ad un certo punto ho sentito di non essere più io, una sensazione di profonda ‘assenza’, non riesco proprio a descrivere, era una bellissima sensazione non di beatitudine ma come di non essere.

— Se guardi i 10 tori dello Zen, l’aspirante all’inizio vede solo parti del toro (il Sé): non esisto, sono tutto ecc. È la fase in cui l’aspirante entrando nel Sé perde delle identificazioni, ma la mente gli passa subito un opposto come realizzazione. Ad esempio, l’ego forza uno stato di esistere che è nient’affatto naturale perché implica lo sforzo di sopravvivere. Quando entri nel Sé lo perdi (ecco l’assenza che hai percepito), ma la mente ti passa subito la comprensione: NON ESISTO!

Devi darti il tempo e vedere meglio il Sé. Il Sé è oltre la vita è la morte. “È” naturalmente. Perciò se non hai la sensazione forzata di essere che ti passa l’ego, non vuol dire che non esisti. Permettiti di attraversare questa fase.

— È durata però molto poco e mi sono reso conto di un meccanismo bloccante, sono entrato due volte per brevissimo tempo in quello stato, ma una paura inconscia, come un meccanismo automatico e non voluto di difesa mi portava ‘indietro’, a quel punto avevo come paura di rimanere sempre così, che mia moglie mi avrebbe trovato così e non sarei potuto tornare indietro e varie altre immagini di doveri e paure che scattavano automaticamente.

— Io all’inizio quando stavo per avvicinarmi all’esperienza diretta sembrava che stessi andando al patibolo. Sono indescrivibili gli scenari tetri che si formavano nella mia mente. Dopo un anno… CHE GIOIA! Io ero uno lento…

Devi accontentarti delle esperienze dirette istantanee, il samadhi prolungato è l’ultimo passo perché richiede maturità, purificazione e abbandono molto molto elevati. Se guardi l’ottuplice sentiero di Patanjali, il samadhi è l’ultimo stadio. Però dopo un certo numero di esperienze dirette, la coscienza è in grado dilatarle molto – dopotutto quelli sono momenti atemporali. Così, anche se l’esperienza non duale dura solo un istante, la sua propagazione, lo stato di grazia, può durare anche due ore, e lasciare un segno profondo anche per giorni.