sulla realizzazione

Ramana Maharshi, Discorso 146

In risposta alla signorina Lina Sarabhai, una donna indiana colta e d’alto rango, Sri Bhagavan disse: “Lo stato di equanimità è lo stato di beatitudine. L’affermazione dei Veda ‘Io sono Questo o Quello’, è solo un aiuto per conseguire l’equanimità mentale”.

D. – Allora è sbagliato cominciare prefiggendosi uno scopo?

M. – Se c’è uno scopo da raggiungere, non può essere permanente. Lo scopo dev’essere già presente. Noi cerchiamo di conseguire lo scopo con l’ego, ma lo scopo esiste ancor prima dell’ego. Ciò che si trova nello scopo è anteriore anche alla nostra nascita, cioè alla nascita dell’ego. Poiché noi esistiamo, anche l’ego sembra esistere.
Se consideriamo il Sé come fosse l’ego, allora diventiamo l’ego; se pensiamo che sia la mente, diventiamo la mente; se immaginiamo che sia il corpo, diventiamo il corpo. È il pensiero che costruisce rivestimenti in tanti modi. L’ombra riflessa nell’acqua si vede tremolare. Forse qualcuno può arrestare il tremolio dell’ombra? Se smettesse di tremolare non vedreste più l’acqua, ma soltanto la luce. Allo stesso modo, non prestate attenzione all’ego e alle sue attività, guardate soltanto la luce che vi è dietro. L’ego è il pensiero dell’io. Il vero ‘Io’ è il Sé.

D. – È un passo verso la realizzazione?

M. – La realizzazione è già presente. Lo stato libero da ogni pensiero è il solo reale. Non esiste un atto come la ‘realizzazione’. Vi è qualcuno che non stia realizzando il Sé? Qualcuno può negare la propria esistenza? Parlare di realizzazione vuol dire postulare due sé: uno che lavora per realizzare e uno che dev’essere realizzato. Si cerca di realizzare quello che non è ancora realizzato. Una volta che ammettiamo la nostra esistenza, com’è possibile non conoscere il nostro Sé?

D. – Per via dei pensieri, della mente.

M. – Esatto. È la mente che fa da schermo e vela la nostra felicità. Come sappiamo di esistere? Se dite a causa del mondo che ci circonda, come fate a sapere di esistere durante il sonno profondo?

D. – Come liberarsi della mente?

M. – Forse la mente che desidera uccidersi? La mente non può suicidarsi. Di conseguenza, ciò che dovete fare è scoprire la vera natura della mente. Allora scoprirete che la mente non esiste. Trovato il Sé, la mente non c’è più. Quando si dimora nel Sé, non ci si preoccupa più della mente.

D. – Come liberarsi della paura?

M. – Che cos’è la paura? E solo un pensiero. Se vi fosse qualcosa oltre il Sé, ci sarebbe motivo d’aver paura. Chi vede il secondo (qualcosa di esterno)? Dapprima sorge l’ego che poi vede gli oggetti come cose esterne. Se l’ego non si manifesta, esiste soltanto il Sé e non vi è secondo (nessuna manifestazione esteriore). L’esistenza di qualcosa di esteriore implica l’esistenza di un veggente interiore. Cercandolo non sorgeranno né dubbi né paura – e non sparirà soltanto la paura, ma anche tutti gli altri pensieri che ruotano intorno all’ego.

D. – Questo metodo sembra più rapido di quello solito, che consiste nel coltivare le qualità ritenute necessario alla salvezza (sadhana chatushtaya).

M. – Sì. Tutte le qualità negative hanno per centro l’ego. Quando l’ego scompare, la realizzazione si produce spontaneamente. Nel Sé non vi sono né qualità positive né negative. Il Sé è libero da ogni qualità. Le qualità riguardano solo la mente. Il Sé trascende le qualità. Se vi è unità, vi sarà anche dualità. Il numero uno fa sorgere gli altri numeri. La Verità non è né uno né due. È così com’è.

D. – La difficoltà è essere liberi dal pensiero.

M. – Lasciate lo stato libero dal pensiero a se stesso. Non pensate che vi appartenga. Quando camminate, muovete le gambe senza pensarci e lo stessa cosa accade durante le vostre attività; ma lo stato libero dal pensiero non è influenzato dalle vostre azioni.

D. – Qual è l’elemento discriminante nell’azione?

M. – La discriminazione sarà automatica, intuitiva.

D. – Allora conta soltanto l’intuizione; anche l’intuizione si sviluppa.

M. – Coloro che hanno scoperto delle grandi verità, le hanno trovate nelle calme profondità del Sé.

L’ego è come la propria ombra proiettata sul terreno. Sarebbe sciocco cercare di seppellirla. Il Sé è uno. Quando è limitato, diventa l’ego. Se non lo si limita è infinito ed è la Realtà. Le gocce sono innumerevoli e differenti l’una dall’altra, ma l’oceano è uno solo. Allo stesso modo gli ego sono numerosi, mentre il Sé è uno solo.

Quando vi si dice che non siete l’ego, realizzate la Realtà. Perché v’identificate ancora con l’ego? È come dire “Non pensare a questa o quella cosa, mentre prendi la medicina”. È impossibile. Lo stesso accade alla gente comune. Quando vi si dice cos’è la Realtà, perché continuate a meditare su Shivoham o Aham Brahmasmi? Bisogna scoprire e capire il significato. Non basta ripetere le semplici parole o rifletterci sopra.

La Realtà è semplicemente la perdita dell’ego. Distruggete l’ego cercando la sua identità. Poiché l’ego non è un’entità, svanirà nel nulla e la Realtà splenderà spontaneamente. Questo è il metodo diretto. Tutti gli altri metodi sono praticati mantenendo l’ego; sollevano tanti dubbi e il vero problema rimane ancora da affrontare. In questo metodo, il problema finale è l’unico ad essere preso in considerazione, e si pone fin dall’inizio. Per impegnarsi in questa ricerca non è necessaria alcuna sadhana.

Non c’è mistero più grande del fatto che, essendo noi stessi la Realtà, cerchiamo di realizzare la Realtà. Pensiamo che vi sia qualcosa che nasconda la nostra Realtà e che dev’essere distrutta prima di ottenerla. È ridicolo. Verrà un giorno in cui riderete dei vostri sforzi passati. Quello che ci sarà nel giorno in cui riderete esiste anche qui, adesso.

D. – E dunque tutto un gioco di simulazione?

M. – Sì. Nello Yoga Vasistha è scritto: “Quel che è reale ci è nascosto, e ciò che è falso ci appare vero”. In effetti, la sola cosa che sperimentiamo è la Realtà e tuttavia non lo sappiamo. Non è la meraviglia delle meraviglie? La ricerca ‘Chi sono Io?’ è l’ascia con cui recidere l’ego.