l’importanza dell’insegnamento del dharma

Finora ho creduto non fosse importante insegnare il Dharma (comportamento etico). Com’è tipico della via di Jnana mi sono detto: “che senso ha imparare delle regole etiche? È religione… La nostra è una via diretta non abbiamo bisogno di lezioni sul Dharma. Quando si scopre il vero Sé il Dharma si manifesta spontaneamente”, e chiusa lì…

Poi cos’è successo? Come due partecipanti sono entrate nell’impersonalità, hanno ferito…

È affascinante, perché finora come insegnante ho avuto a che fare con persone che avevano delle esperienze dirette, e quando mi sono trovato di fronte a due aspiranti che sono entrate nell’impersonalità – uno stabilmente e l’altro ancora instabilmente credo – non credevo potesse verificarsi una cosa del genere, e ho cominciato a studiarlo.

Partiamo dal livello in cui l’aspirante non ha più pensieri; ci siete? Quando non vi sono pensieri, neanche il commento dell’osservatore, l’ego sparisce; appare il vero abbandono e si percepisce che è Tutto Perfetto Così Com’è… perché non c’è più il doer, l’agente, non c’è più nessuno che voglia una cosa diversa..

Com’è allora possibile ferire da un tale stato?

Facciamo l’esempio di Marco. Marco è in tale stato, e ha l’abitudine di rispondere sempre a chi commenta i suoi post, mentre altri che pure sono in questo stato potrebbero non avere questo attitudine. In una situazione di abbandono e di assenza dell’ego agente, cosa determina l’uno o l’altro comportamento? Lo determinano i dati che sono stati messi nel software mente prima, anche molto tempo addietro, che l’aspirante entri nello stato impersonale: e poi su quei dati viaggia in automatico. D’altronde è improbabile che lo stesso comportamento adarmico diretto verso una persona inoffensiva sarebbe stato diretto all’indirizzo di una pattuglia dei carabinieri che ti ferma per un controllo stradale. Perché? Perché nel primo caso i dati dicevano “lo posso fare”, nel secondo lo sconsigliavano…

Io ho deciso che questa illuminazione non la voglia!! E allora, come insegnante, insegnerò il Dharma, sia per chi non è ancora nell’impersonalità, sia per chi lo è già. Lo so, ho scoperto l’acqua calda… Se vedete l’orario giornaliere di un Ritiro Vipassana (che è intensissimo), c’è una-due ore dedicato all’insegnamento del Dharma: il Maestro spiega dei principi e poi vi sono domande e risposte. Io d’ora in poi farò così durante i Ritiri. Ciò non ci salva dalla possibilità di comportamenti adharmici – sarebbe troppo facile – ma almeno nel software mente vengono memorizzati un po’ di dati di verità, che si spera arginino quelli rugginosi ancora presenti nella mente dell’aspirante.

Va ancora fatta un’altra riflessione. Chi è stabile nell’impersonalità può cambiare se vuole. Se è in trance, non gli si può certo chiedere di far qualcosa; ma quando è in savikalpa samadhi, cioè quando ha i sensi attivi e pur sapendo che tutto è lui è capace di discriminare – il livello di Ishvara –, sia Ishvara che l’ego funzionale possono scegliere di cambiare. Faccio l’esempio di un Maestro perfetto. Sri Ramana aiutò il trapasso di un residente dell’ashram ponendogli una mano sulla fronte e una sul cuore. Quando senti il suono interiore delle campane, smise e si ritirò. Gli venne poi detto che il morente prima di trapassare aveva aperto le palpebre tenendo gli occhi all’insù, segno di una reincarnazione elevata. “Ah”, disse Ramana, “l’impostore è tornato”… Quando fece la stessa cosa con sua madre, sentito il suono interiore di campane continuò ancora per alcuni minuti e la madre trapassò senza aprire gli occhi. Ramana Cambiò, si evolse come forma, e se lo ha fatto Sri Ramana può farlo chiunque si trovi in uno stato di impersonalità.

Perciò non accetterò giustificazioni a comportamenti adharmici del tipo: “L’ho fatto perché sono nella spontaneità dell’illuminazione”. Se è adharma è adharma, che tu sia impersonale o no.