il nulla e la corda che tiene legato il secchio caduto nel pozzo

Su uno dei testi dedicati a Nisargadatta vi è un passo interessante. Una giovane racconta di aver preso parte a un ritiro spirituale ed aver scoperto che ‘Non Esiste Nulla’. “Sì” dice Nisargadatta, “E allora?”. “Cosa devo fare adesso?”. “Hai scoperto che non esiste nulla, ma ci sei ancora tu”, conclude Nisargadatta.

Non voglio mettermi a confronto con Nisargadatta, non ne sono degno, ma io non avrei risposto così. Avrei detto: “Hai scoperto che non esiste nulla, ma non hai ancora capito che: QUESTO NULLA SEI TU”.

Ora mi tocca ripetere il solito chiarimento sulla parola ‘Nulla’. Vuoto, Vacuità, Nulla, riferiti alla realizzazione, hanno un significato diverso dal loro uso nel linguaggio comune. Nel linguaggio comune indicano ‘mancanza’; riferiti alla realizzazione indicano ‘purezza’. Ma di che purezza si tratta?

Con l’avvicinarsi alla realizzazione i concetti si disgregano. I concetti sono i fotogrammi della pellicola del film che fanno apparire forme e movimenti sullo schermo. Senza concetti nella mente il mondo sparisce: non esiste niente di niente del mondo fenomenico!

Senza pellicola (senza mente), sullo schermo comparirebbe solo la luce del proiettore. Nella realtà spirituale questa luce è il Puro Essere, o Pura Consapevolezza, o Principio-Io – sono sinonimi. Questi, non contenendo forme né alcun movimento, vengono percepiti come Vuoto o Nulla. Ma si tratta di un Vuoto che è Pienezza (Purna) in sé, che è la nostra vera natura, è l’origine di tutto, è Dio.

Perché l’aspirante possa ambire a recidere il nodo della sua identificazione con la mente, deve aver raggiunto una discreta consapevolezza che il mondo fenomenico è un nulla di nulla. Allora, usando la metafora di Sri Ramana, il secchio (l’ego) cade nel pozzo (il Sé) senza poter più riemergere. E questo è il fausto caso della realizzazione definitiva senza più ritorno (manonasa). Ma vi è anche l’assai più frequente possibilità del secchio che cade nel pozzo, ma la corda che lo assicura alla trave che lo riavvolge non è stata recisa. È questo il caso di manolaya, la dissoluzione temporanea.

Bella la metafora del pozzo, il secchio e la corda. Ma voi avete capito che cos’è questa corda che riporta a galla l’ego? Perché se non l’avete capito non saprete come risolvere il problema.

Sri Ramana insegna: cerca l’io personale, cercandolo sparirà e al suo posto emergerà il vero Io, l’Io universale. Perfetto! Ma sono pochissimi quelli che ottengono manonasa, la dissoluzione definitiva, al primo colpo. Sri Ramana c’ha messo solo due ore; Jnanananda tre mesi. La stragrande maggioranza degli aspiranti esperisce direttamente il Sé e poi va su e giù, dentro e fuori dal pozzo, senza apparente soluzione di continuità. Perciò ora dobbiamo capire cos’è questa corda che riporta su l’ego.

È come un salvagente a ciambella intorno all’io personale. Questa ciambella è fatta di tutti i ricordi, le immagini mentali, le identificazioni, i fallimenti, i desideri, le paure ecc. dell’io personale. In pratica è il karma di quella persona. Dove volete che si avvolga il karma? Intorno al Nulla? Si avvolge intorno all’io personale. Quando queste vasana sono sgonfie, l’io personale si immerge nel Sé e voi siete nel Sé. Quando qualcosa ne riattiva una, quella si rigonfia e riporta l’io personale a galla.

Come risolvere il problema?

Se queste vasana sono deboli sarà la stessa beatitudine del Sé a dissolverle gradualmente – ad esempio Jnanananda ha fatto pochissimo mind clearing con me; è la stessa tracimante Beatitudine a dissolvere la sua mente. Se invece queste vasana sono forti allora dovete guardarle direttamente.

Poiché ognuno è diverso non mi sento di dare una regola per tutti. Vi dico come ho fatto io.

Ho contemplato a lungo l’io. Quando appariva il vero Io mi abbandonavo ad esso – i gradi di abbandono al Sé sono fondamentalmente quattro: contemplazione, sonno desto, savikalpa samadhi, nirvikalpa samadhi. Quando appariva l’io personale esaminavo quali vasana l’avessero portato a galla. Mettiamo che la vasana fosse la seguente: “Quand’ero piccolo volevo essere il Principe Azzurro che incontra la Bella Addormentata; le do un bacio e poi viviamo per sempre insieme felici e contenti. Non è andata esattamente così, e il desiderio mi è rimasto in gola, come un boccone non andato giù”. Al fine di non dovermi reincarnare per trovare la Bella Addormentata, alla luce della consapevolezza che il mondo fenomenico è nulla, dissolvo questo desiderio attraverso il ragionamento superiore: la coppia ‘Principe Azzurro – Bella Addormentata’ che vivono felici è qualcosa di realizzabile? E l’impermanenza? Chi vuole realizzare questo desiderio? Ecc. ecc.

Così facendo l’aspirante dissolve nel Nulla queste vasana. Quando il salvagente non c’è più, la corda è recisa, e l’ego non potrà più riemergere dal Sé.

Non è un lavoro facile. Qualora la carica emozionale di una vasana fosse troppo forte, potreste dover interrompere l’indagine per riprendere il giorno dopo. È un lavoro che dovete prendere con calma e perseveranza, consapevoli che andate a mettere il dito nelle piaghe. Delle piaghe illusorie, certamente, ma prima che si dissolvano… beh, fanno male. La maggior parte della gente non fa questo lavoro, e se lo ritrova nel bardo (il dopomorte) e nelle future rinascite. L’unica cosa che vi motiva a portarlo avanti è l’amore per la liberazione.